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I Matti di Corinaldo
In un piccolo centro di provincia, dove tutti si conoscono, ai tempi in cui le comunicazioni erano inesistenti, era facile che i difetti, gli atteggiamenti e le stramberie di taluni cittadini divenissero argomento per creare originali quanto stravaganti “storie di paese”. Queste storielle raccolte in un libro dal giornalista-fotografo Mario Carafòli hanno conferito a Corinaldo il titolo di “Paese dei Matti”.
Provate anche voi a scoprire l’eccentrico estro corinaldese leggendo le storie che vi proponiamo.
Il pozzo della polenta
Posto al centro della Scalinata della Piaggia il pozzo fu fatto costruire dal tiranno di Corinaldo Accattabriga, nella seconda metà del ‘400 per approvvigionare le abitazioni limitrofe, fu successivamente interrato con la ristrutturazione della scalinata nei primi anni del ‘900. Venne ricostruito nel 1980 e utilizzato come scenografia per la Contesa del pozzo della Polenta che ogni anno rievoca la caduta del sacco di farina nel pozzo.
È un’antica diceria che i corinaldesi usassero fare la “polenta nel pozzo”, la verità è che in tempi lontani, un uomo saliva la lunga, scalinata della Piaggia con un sacco di farina di granoturco sulle spalle. Giunto nei pressi del pozzo, sfinito, appoggiò il sacco sul bordo per riprendere fiato. Per colmo di sfortuna, il sacco cadde all’interno del pozzo. Il povero uomo nel tentativo di recuperarlo si calò nel pozzo, ciò non passò inosservato alle pettegole di paese, che non vedendolo riaffiorare, incominciarono a dire che si stava mangiando la polenta nel pozzo, alcune giuravano di aver visto buttare anche delle salsicce di maiale nel pozzo. La diceria che voleva far passare i corinaldesi come “picchiatelli” e “polentari”, superò in breve i confini dell’intera regione. Da “picchiatelli” a geniali il passo è breve.
La storiella è poi diventata lo spunto per l’annuale manifestazione storica in costume del Cinquecento La Contesa del pozzo della Polenta che ha superato le quaranta edizioni, si svolge in luglio ed è la più vecchia rievocazione storica della provincia di Ancona.
La Casa di Scuretto
La storia di Scuretto è una bizzarra vicenda, tra realtà e fantasia. Scuretto, al secolo Gaetano, era un uomo semplice che viveva risuolando le scarpe, e tra una scarpa e l’altra non disdegnava un buon bicchiere di vino. Aveva un figlio, che per far fortuna era emigrato in America, ma aveva conservato uno stretto contatto con il padre, tanto che periodicamente gli mandava dei danari, con uno scopo specifico: costruire una casa a Corinaldo.
Questi danari però finivano sempre nelle diverse osterie di Corinaldo, tanto che il figlio insospettitosi per la lunghezza dei lavori, chiese al padre una foto della nuova casa. Scuretto non si perse d’animo e costruì la facciata di una casa sulla quale mise anche il numero civico, poi si fece fotografare affacciato a una finestra. Arrivarono gli ultimi soldi, ma la casa rimase così: totalmente priva di solai, di pareti di fondo e di tetto, a documentare la storia singolare di Scuretto. L’abitazione si trova in via Pozzo della Polenta.
Il cannone di fico
La rivalità fra Corinaldo e Montenovo (Ostra Vetere) durava ormai da tempo, con le campane e tutto il resto. Poiché i Corinaldesi volevano sempre primeggiare, ebbero un’idea geniale. Presero un tronco di fico, lo scavarono e ne fecero un cannone. Il giorno dello sparo si radunarono sulle mura tutti i cittadini per assistere alla caduta di Montenovo. I sette più coraggiosi reggevano il cannone di fico mentre il comandante dava fuoco alla miccia. Si udì un tremendo boato e quando il fumo si diradò, i sette erano a terra privi di vita. Il comandante esclamò: “Il cannone ha sparato forte, tanto forte che qui ne sono morti sette, pensate un po’ quanti ne avrà uccisi a Montenovo”.